Amore e Morte

Il post musicale di questo mercoledì sfiora uno dei temi più importanti di ogni letteratura: amore e morte.

Ben lontano dal volere essere esaustivo, propongo due Murder Ballads (ballate omicide) tratte dall’omonimo album di Nick Cave, pubblicato nel 1996.

La prima ballata, Henry Lee, racconta di una donna che uccide un uomo che non la amava a sufficienza.

La storia e la musica affondano le proprie radici nella tradizione, risalendo a Young Hunting, una ballata scozzese del diciottesimo secolo, catalogata da F. J. Child al numero 68 delle Popular Ballads.

Il brano ha avuto nel tempo una serie di versioni con titoli, testi e musiche più o meno diverse: The Proud Girl, Earl Richard (UK), Henry Lee e Love Henry (USA).

Questo il duetto tra Nick Cave e P. J. Harvey

Get down, get down, little Henry Lee
And stay all night with me
You won’t find a girl in this damn world
That will compare with me
And the wind did howl and the wind did blow
La la la la la
La la la la lee
A little bird lit down on Henry Lee
I can’t get down and I won’t get down
And stay all night with thee
For the girl I have in that merry green land
I love far better than thee
And the wind did howl and the wind did blow
La la la la la
La la la la lee
A little bird lit down on Henry Lee
She leaned herself against a fence
Just for a kiss or two
And with a little pen-knife held in her hand
She plugged him through and through
And the wind did roar and the wind did moan
La la la la la
La la la la lee
A little bird lit down on Henry Lee
Come take him by his lilly-white hands
Come take him by his feet
And throw him in this deep deep well
Which is more than one hundred feet
And the wind did howl and the wind did blow
La la la la la
La la la la lee
A little bird lit down on Henry Lee
Lie there, lie there, little Henry Lee
Till the flesh drops from your bones
For the girl you have in that merry green land
Can wait forever for you to come home
And the wind did howl and the wind did moan
La la la la la
La la la la lee
A little bird lit down on Henry Lee

La seconda ballata, Where the Wild Roses Grow, racconta invece di una giovane donna uccisa dal suo primo ed unico amante.

In questo caso sembra che l’ispirazione testuale derivi da una ballata omicida di inizio 1800 conosciuta come Down in the Willow Garden od anche Rose Connelly.

Questo il duetto tra Nick Cave e Kylie Minogue


They call me The Wild Rose
But my name is Elisa Day
Why they call me it I do not know
For my name is Elisa Day

From the first day I saw her I knew she was the one
As she stared in my eyes and smiled
For her lips were the colour of the roses
That grew down the river, all bloody and wild

When he knocked on my door and entered the room
My trembling subsided in his sure embrace
He would be my first man, and with a careful hand
He wiped at the tears that ran down my face

[Chorus]

On the second day I brought her a flower
She was more beautiful than any woman I’d seen
I said, “Do you know where the wild roses grow
So sweet and scarlet and free?”

On the second day he came with a single red rose
He said: “Will you give me your loss and your sorrow?”
I nodded my head, as I lay on the bed
“If I show you the roses will you follow?”

[Chorus]

On the third day he took me to the river
He showed me the roses and we kissed
And the last thing I heard was a muttered word
As he knelt above me with a rock in his fist

On the last day I took her where the wild roses grow
And she lay on the bank, the wind light as a thief
As I kissed her goodbye, I said, “All beauty must die”
And lent down and planted a rose between her teeth

Qui mi fermo, non voglio oggi metter altra carne al fuoco. Mercoledì prossimo è mia intenzione proporre versioni alternative di questi brani e storie.

Il sogno resistente all’acqua

Alberto 1

Da oggi le vignette vengono sostituite da riproduzioni fotografiche di dipinti, disegni, opere grafiche.

Si inizia con “Il sogno resistente all’acqua“, olio su tela di Alberto Repetti, da sempre l’anima vis(-iva, -ionaria, -uale) della rivista.

Da lunedì prossimo, come già per il post musicale del mercoledì, inseriremo un testo letterario collegato.

Per un passo nel mondo di Alberto http://albertorepetti.com/

Sonnet 18 and question 1: Shakespeare vs Gilmour

Sonnet_18_1609

Post musical-letterario del mercoledì che pone una domanda, forse non esistenziale, ma alla quale avrei piacere rispondeste, qui od ovunque.

Potrebbe nascerne una discussione interessante, probabilmente infinita e senza vincitori, ma poco importa, il concetto di vittoria a tutti i costi appartiene ad una cultura che non amo.

Per rendere le cose più facili porrò due domande, una di carattere generale ed una particolarissima, legata alla proposta musicale.

Domanda di carattere generale: può la musica aggiunger qualcosa ai versi?

Domanda particolare: può Gilmour migliorare Shakespeare?

Quest’ultima sembra una domanda assurda?

Procediamo con ordine: ascoltiamo innanzitutto uno dei miei preferiti sonetti shakespeariani, il 18, nella lettura “lineare” di Harriet Walter:

A confronto la versione musicata di David Gilmour

Attendo le vostre opinioni e per confondervi un poco, posto una versione non molto nota musicata da Brian Ferry

Accostamenti al limite del blasfemo, operazioni commerciali, sentiti tributi, opere d’arte?

A completare la proposta, il testo originale, edito nel 1609, nel tipico pentametro giambico shakespeariano:

Shall I compare thee to a summer’s day?
Thou art more lovely and more temperate:
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer’s lease hath all too short a date;
Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimm’d;
And every fair from fair sometime declines,
By chance or nature’s changing course untrimm’d;
But thy eternal summer shall not fade,
Nor lose possession of that fair thou ow’st;
Nor shall Death brag thou wander’st in his shade,
When in eternal lines to time thou grow’st:
   So long as men can breathe or eyes can see,
   So long lives this, and this gives life to thee.

e la storica traduzione italiana di Mario Praz (1966)

Ti comparerò dunque a giornata di estate?
Tu sei ben più leggiadro e meglio temperato:
Ruvidi venti sferzano i soavi boccioli di maggio
E il termine di estate troppo ha breve durata;
Troppo ardente talvolta splende l’occhio del cielo,
E sovente velato è il suo aureo sembiante,
E ogni bellezza alla fine decade dal suo stato,
Spoglia dal caso, o dal mutevole corso di natura:
Ma la sua eterna estate non potrà mai svanire
Né perdere il possesso delle tue bellezze,
Né la Morte vantarsi di averti nell’ombra sua,
Poiché tu crescerai nel tempo in versi eterni.
Sin che respireranno uomini, e occhi vedranno
Di altrettanto vivranno queste rime,
e daranno vita a te.

Sainte Colombe

Post musical letterario lontanissimo.

Forse non nel tempo o nello spazio, sicuramente nel sentire e nell’ascoltare.

L’unico modo possibile per accedere a questo mondo è quello di escluderne ogni altro.

Provateci.

L’autore di questa infinita malinconia meditativa, Les Pleurs (Il Pianto), è Monsieur de Sainte-Colombe (c. 1640. – c. 1700), straordinario compositore per viola da gamba, famoso al suo tempo ed in seguito ignorato fino al 1966, anno del ritrovamento del manoscritto dei suoi 65 Concerts à deux violes esgales.

Oltre a questa versione di Les Pleurs a due viole da gamba di Jordi Savall e Christophe Coin, ne esiste una per sola viola da gamba, incisa dallo stesso Savall

Se vi interessa saperne qualcosa di più, vi consiglio il romanzo di Pascal Quignard, Tutte le mattine del Mondo (1987), da cui venne tratto nel 1991 un omonimo film diretto da Alain Comeau, con una straordinaria colonna sonora incisa da Le Concert de Nations con la direzione di Savall, massimo interprete di Sainte-Colombe.

La parte letteraria del post è composta dai silenzi saturi che Les Pleurs potrà avervi donato.