Un altro Fo

Fo est

“Svelato il Mistero Buffo di Fo a Genova” potrebbe esser il titolo di questo post.“Come mai Dario Fo è sceso a Sestri Ponente?” si chiedeva dubbioso Alberto Repetti nel suo intervento precedente. Scenari politici o fantapolitici si celano dietro questa scelta? Ostracismi di partito? Alcuni accadimenti degli ultimi tempi in effetti potevano farlo pensare.

Non è andata così.

In nomen omen, è così Dario, di cognome Fo, è costretto a fare, fare, fare.

Irrefrenabile, ad 88 anni, scrive recita dipinge e viaggia, senza risparmiarsi.

E’ durante una conversazione con Gianfranco Margaroli, pittore e curatore di mostre, nonché sestrese, che nasce l’idea di allestire una mostra pittorica nella cinquecentesca sede dell’antico
Comune di Sestri Ponente, ora VI Circoscrizione “Medio Ponente” genovese.
Margaroli mi racconta di un Fo disponibile al fare, della semplicità e reattività di alcuni grandi, sorprendente per chi è abituato all’inamovibilità della burocrazia.
Scende dunque a Sestri Ponente una mostra di 22 dipinti di recente produzione in tecnica mista su tela, tavola e cartoncino.
Si tratta di opere diverse tra loro legate da un identico amore per il colore e per la
rappresentazione.

Fo ovest

 

Come scrive lo stesso Fo: ” Non c’è più differenza per me fra il  “pitturare”, disegnare e raccontare o interpretare un ruolo sulla scena. Quando, e mi accade spesso, nell’allestire uno spettacolo, mi ritrovo in crisi e non mi riesce di rimediare un ritmo o uno svolgimento consono a quello che vorrei raccontare, l’unica soluzione per me è procurarmi un grande foglio di carta, dei colori, penna e pennelli. Il tutto per segnare ritmi e figure che con sintesi e altri andamenti, raccontino in un’altra forma la storia in questione.”
Alcuni di questi disegni, dipinti, bozzetti diventano storyboard per illustrare la scena ai propri attori. Dello storyboard queste opere, tutte, hanno l’energia e la vitalità, la”presenza” di Fo, che il visitatore percepisce e porta via con sé.

Se ne avete la possibilità, accorrete alla mostra e, se proprio non potete acquistare un
dipinto, sono in vendita delle bellissime litografie, per lo più “di scena”,
ad un costo esiguo ed il cui ricavato finirà alla Onlus “Il Nobel per i disabili”.

Fo Litos

Dario Fo pittore.

striscia fo
Ho appreso per caso, leggendo un manifestino incollato ad un muro mentre mi recavo in stazione, che ci sarebbe stata una mostra di dipinti di Dario Fo al secondo piano di Palazzo Fieschi a Genova, nel quartiere di Sestri Ponente, dove abito. La mostra sarebbe cominciata il Venerdì 21 Novembre alle 16 e 30, ma il saluto alla città Fo lo avrebbe dato dal palco del teatro Verdi, sempre nella mia delegazione e sempre alla stessa ora. Questa era una città di mare, di cantieri che contendevano lo spazio ai bagnanti. I bagnanti lasciarono il posto all’acciaio, scomparso l’acciaio restò il degrado, che ci accompagna fino ad ora. Questa, forse, era la Sestri operaia che Fo si aspettava di trovare. Ma lo aveva scelto lui di fare un’esposizione proprio a Sestri?
In verità non lo sapremo mai, perlomeno non io, ma qualcuno prima di arrivare gliel’avrà ben raccontata la nostra storia. Ci dirigemmo verso il teatro, la presentazione era già cominciata, sentivo la sua voce che tradiva l’età dagli scalini che portano alla platea. L’ultima volta che avevo visto Fo era raggiante, in un ristorante di Parma, beato fra Albertazzi e la moglie Franca e attorniato da attori giovani che gli regalavano una cornice che rendeva ben onore al “teatro”. Salivo le scale che portavano fra il pubblico, e ho trovato un uomo, in piedi, sul palco, con il cappotto e la sciarpa addosso come stesse all’aperto, con un microfono in mano e molti figuranti, che si presume gli avessero dato il benvenuto, vestiti in costume popolano di fine ottocento. Dal microfono arrivavano le sue parole, che ricordo perfettamente e che narravano, la sua vicenda di attore quasi per caso, sottratto nel fiore dell’età ad una carriera pittorica e artistica, che sembrava aver fino ad allora segnato la propria irrinunciabile esistenza. Il teatro come si sa ebbe la meglio e la pittura era continuata fra le pieghe del suo tempo, asservita ai suoi fondali o come storyboard consegnato ai suoi attori. Disse queste parole che mi rimangono tutt’ora impresse. “Finora ho regalato i miei dipinti che erano accatastati in casa mia, dovunque, e che regalavo per scoprire che Franca (Rame) ricomprava di nascosto. Ora voglio vedere se io come pittore valgo qualcosa.” L’ultima volta che avevo visto Fo era raggiante, dicevo, ora appariva come la propria continuazione che quasi per inerzia lo proietterà ancora per chissà quanti anni al di là di ogni sopravvivenza ma a cui lui, poco partecipa, lasciandosi guidare dal destino o decidendo piccoli movimenti d’anca per stabilire da che parte andare. Andare per andare, il suo corpo aveva svoltato a Sestri Ponente e di nuovo ci sta un “non si sa perché”, ma aveva svoltato qui. Usciti dal teatro ci dirigemmo alla mostra e lasciammo la folla alla caccia dell’autografo, ma non senza andargli vicino per osservare quegli occhi già altrove che firmavano poster con un nome così corto. Una ventina di lavori, molti corpi, un disegno che sa di novecento italiano un poco sfiorito, che vaga fra Maccari e Luzzati o certe reminiscenze di sfondi a tinta unita con corpi levigati e antichi come avrebbe suggerito Martini. Un dipinto mi è piaciuto, uno si, molto, ed è quello relativo ad una scena dell’Histoire du Soldat, che non per caso hanno usato come copertina al manifesto. Non so se i dipinti possano valere qualcosa per la storia dell’arte italiana, ma sono un lascito di ciò che era nel cassetto, di ciò che potrebbe essere stato e non è stato; non sono i dipinti del Nobel o del teatrante, sono le confessioni di un uomo che ha tanto amato e ha vissuto con passione nascondendo il suo sogno, e che mi fa dire che non importa come si comporterà il mercato, nei suoi occhi e nelle sue parole ho sentito la contentezza di un bambino che può finalmente dire: sono un pittore.

Alberto Repetti

manifesto fo

Lingue di un altro mondo

Hélène Smith Lingua Marziana

 

Temiamo l’Altro, ma ne siamo fortemente affascinati, per questo talvolta lo inventiamo, racchiudendolo in un microcosmo in cui ci è più facile controllarlo.

Per renderlo più plausibile siamo persino giunti ad inventarne la lingua: si parte del Marziano per arrivare al tlhIngan Hol (lingua Klingon) passando per il Quenya ed il Sindarin parlato nella Terra di Mezzo.

Le motivazioni sociologiche o, anche solo “spettacolari”, di quest’invenzione andrebbero analizzate a fondo e non è detto che non se ne parli in futuro.

Per ora, in occasione della pubblicazione della conversazione sul Grammelot con Dario Fo, ripresentiamo, a complemento, il saggio di Alberto Nocerino, L’invenzione linguistica tra Adamo e Dario Fo, che ripercorre la storia dei linguaggi altri, da Babele in poi, e che offre spunti innumerevoli per approfondimenti.

Un esempio delle strade percorribili è nell’immagine di testa di questo post: uno stralcio di scrittura automatica in Marziano della medium Hélène Smith, che, a cavallo tra ‘800 e ‘900, fu oggetto di studi da parte dello pisicologo Flournoy e del linguista De Saussure.

Ma non andiamo oltre, vi lasciamo ad intervista e saggio

Toren van Babel, Bruegel (circa 1565)

La Piccola Torre di Babele di Pieter Bruegel il Vecchio (1563)

La comprensibile babele

Pieter_Bruegel_the_Elder_-_The_Tower_of_Babel_(Vienna)_-_Google_Art_Project_-_edited

In un periodo di grande l’intolleranza verso l’Altro – ma c’è mai stato un periodo diverso da questo? – ci piace pubblicare un’intervista su una lingua altra: una lingua che non appartiene a nessuno ed è di tutti.

Una lingua che tutti possono comprendere ed apprezzare: il Grammelot.

Si tratta di una breve conversazione con Dario Fo, pubblicata nel giugno 1993 su Il babau n.10.

Questo è il link a GRRR… Grammelot.

E non è finita qui! 

L’immagine del post è La Grande Torre di Babele di Pieter Bruegel il Vecchio (1563).

Peripli

bren4

Tra il materiale giunto in redazione pubblichiamo due poesie di Giovanni Asmundo.

A lungo assenti dal mondo della poesia, non conoscevamo questo autore che ci ha però colpiti subito per il verso asciutto eppur evocativo.

Le poesie pubblicate le trovate qui.

Qualora l’autore vi abbia colpiti e desideriate intraprendere un viaggio nel suo mondo vi consigliamo di visitare il sito peripli.altervista.org.

Continuate ad inviare materiale, non vediamo l’ora di stupirci!

La foto del post è del compianto Paolo Brenzini