Back in Time, forward to another Space.
Is this my Place, now? It was, wasn’t it?
I surely missed something, You shouldn’t
https://www.youtube.com/watch?v=PYUU19Cnf-0
Another chance to meet
https://www.youtube.com/watch?v=0KmBV1j5UMI
Back in Time, forward to another Space.
Is this my Place, now? It was, wasn’t it?
I surely missed something, You shouldn’t
https://www.youtube.com/watch?v=PYUU19Cnf-0
Another chance to meet
https://www.youtube.com/watch?v=0KmBV1j5UMI
112 Mercer Street, Princeton, anno 1939, Albert Einstein e Robert Oppenheimer davanti ad un tablet ascoltano musica utilizzando la tecnologia Wi-fi.

Deve trattarsi per forza di un fotomontaggio, l’immagine non è compatibile con quanto conosciamo di quel periodo: nel 1939 questi oggetti non esistevano!
Non in questo universo!
E se si trattasse di uno dei molteplici universi paralleli simili al nostro, ipotizzati nella teoria dell’universo inflazionario? Potremmo considerare la scena come plausibile?
Probabilmente sì.
A questo punto dovremmo porci altre domande: come sono giunti questi oggetti in un diverso spazio tempo? Chi li ha portati? Perché? In che modo hanno reagito i due scienziati dinnanzi a questi prodigi allora inimmaginabili? Quali altre meraviglie o segreti giungeranno a loro conoscenza? Ed ancora: si potranno ricaricare le batterie?
La curiosità cresce, è indiscutibile. L’ignoto è per tutti noi fonte d’interesse.
Il mondo alieno, o anche semplicemente “altro” è ad un passo da noi, forse in orbita geostazionaria o al di là di un wormhole.

Spesso certa fantascienza fa di tutta l’erba un fascio, accumulando nozioni a casaccio, per trar dentro il lettore, Parallels è invece romanzo coerente sia da un punto di vista storico che scientifico. Si tratta di un’opera prima, è vero, ma è l’opera prima di un uomo maturo, Pietro Zunino, ingegnere elettronico ed insegnante, che nulla ha lasciato al caso, analizzando la congruità di ogni evento.
Nel frattempo la seconda guerra mondiale s’avvicina, un misterioso protagonista dopo Einstein ed Oppenheimer incontra anche Franklin Delano Roosevelt ed il lettore, facilitato dallo stile chiaro ed asciutto, divora le pagine una dopo l’altra.
Possibili scenari atomici si profilano all’orizzonte.
Qui mi fermo per non svelare troppo.
L’ho già accennato, si tratta di un libro che supera gli stretti confini della fantascienza, coniugando storia e scienza, in modo lineare, rigoroso ma anche accattivante. Pietro ci lascia con un finale aperto, spunti di riflessione e voglia di saperne di più.
Attendiamo il prossimo, speriamo non passino altri sessant’anni.
Parallels è edito da Edizioni Vallescrivia ed è reperibile online su ibs.it, Amazon o presso la Libreria Mondadori di Sestri Ponente.

L’immagine rappresenta un ponte di Einstein-Rosen o cunicolo spazio-temporale, detto anche wormhole
Ed ora protagonista, autore e sottoscritto Vi invitano, in quasiasi universo siate, ad ascoltare la nostra colonna sonora comune
https://www.youtube.com/watch?v=iX9Dr3Hyi98
Certi provvedimenti per risolvere le “cose italiane”, e non solo, mi hanno ricordato il testo di The Trees della band canadese Rush, presente nell’album Hemispheres del 1979.
Un certo malcontento serpeggia nella foresta, gli aceri si lamentano perché le alte querce “rubano” loro tutto il sole.
Da parte loro le querce hanno difficoltà a capire perché gli aceri non possano esser lieti nella loro ombra.
La situazione diviene presto insostenibile, le creature del bosco lo abbandonano, ed alfine giustizia è fatta attraverso… tagli, tagli e tagli
La musica potrebbe risultarvi ostica: i Rush non sono amati da tutti, ma… confido possiate cambiar idea.
There is unrest in the forest
There is trouble with the trees
For the maples want more sunlight
And the oaks ignore their pleas
The trouble with the maples
(And they’re quite convinced they’re right)
They say the oaks are just too lofty
And they grab up all the light
But the oaks can’t help their feelings
If they like the way they’re made
And they wonder why the maples
Can’t be happy in their shade
There is trouble in the forest
And the creatures all have fled
As the maples scream ‘Oppression!’
And the oaks just shake their heads
So the maples formed a union
And demanded equal rights
‘The oaks are just too greedy
We will make them give us light’
Now there’s no more oak oppression
For they passed a noble law
And the trees are all kept equal
By hatchet, axe and saw
Una sana equiparazione… in basso!
C’è da augurarsi che non protesti anche l’erba!
Post sottosopra ed ondivago che segue la cronologia del sentire e dell’esperienza anziché quella temporale.
Ostaia da-U Neo, Genova 14 Gennaio 2016
La morte (Jacques Brel*)
La morte mi attende come una vecchia fanciulla
All’appuntamento con la falce
Per meglio mietere il tempo che passa
La morte mi attende come una principessa
Al funerale della mia gioventù
Per meglio piangere il tempo che passa
La morte mi attende come una fata cattiva
Al rogo delle nostre nozze
Per meglio ridere del tempo che passa
Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta
È già lì che mi aspetta
Angelo o demone non importa
Davanti alla porta ci sei tu
La morte attende sotto il cuscino
Che dimentichi di svegliarmi
Per meglio congelare il tempo che passa
La morte attende che i miei amici
Vengano a trovarmi di notte
Per meglio raccontarci che il tempo passa
La morte mi attende tra le tue mani diafane
Che dovranno chiudermi le palpebre
Per meglio dire addio al tempo che passa
Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta
È già lì che mi aspetta
Angelo o demone non importa
Davanti alla porta ci sei tu
La morte mi attende alle ultime foglie
Dell’albero che sarà la mia bara
Per meglio inchiodare il tempo che passa
La morte mi attende tra i lillà
Che un becchino tirerà su di me
Per meglio far sbocciare il tempo che passa
La morte mi attende in un grande letto
Teso con le tele dell’oblio
Per meglio fermare il tempo che passa
Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta
È già lì che mi aspetta
Angelo o demone non importa
Davanti alla porta ci sei tu
Parigi, 1959
https://www.youtube.com/watch?v=Qq9-B6REgRI
La Mort (Jacques Brel)
La mort m’attend comme une vieille fille
Au rendez-vous de la faucille
Pour mieux cueillir le temps qui passe
La mort m’attend comme une princesse
A l’enterrement de ma jeunesse
Pour mieux pleurer le temps qui passe
La mort m’attend comme Carabosse
A l’incendie de nos noces
Pour mieux rire du temps qui passe
Mais qu’y a-t-il derrière la porte
Et qui m’attend déjà
Ange ou démon qu’importe
Au devant de la porte il y a toi
La mort attend sous l’oreiller
Que j’oublie de me réveiller
Pour mieux glacer le temps qui passe
La mort attend que mes amis
Me viennent voir en pleine nuit
Pour mieux se dire que le temps passe
La mort m’attend dans tes mains claires
Qui devront fermer mes paupières
Pour mieux quitter le temps qui passe
Mais qu’y a-t-il derrière la porte
Et qui m’attend déjà
Ange ou démon qu’importe
Au devant de la porte il y a toi
La mort m’attend aux dernières feuilles
De l’arbre qui fera mon cercueil
Pour mieux clouer le temps qui passe
La mort m’attend dans les lilas
Qu’un fossoyeur lancera sur moi
Pour mieux fleurir le temps qui passe
La mort m’attend dans un grand lit
Tendu aux toiles de l’oubli
Pour mieux fermer le temps qui passe
Mais qu’y a-t-il derrière la porte
Et qui m’attend déjà
Ange ou démon qu’importe
Au devant de la porte il y a toi
Hammersmith Odeon, Londra, 3 Settembre 1973
My Death (Jacques Brel / Mort Schuman)
My death waits
like an old rouè
So confident I’ll go his way
Whistle to him and the passing time
My death waits
like a bible truth
At the funeral of my youth
Weep loud for that
and the passing time
My death waits
like a witch at night
As surely as our love is bright
Let’s not think about the passing time
But what ever lies behind the door
There is nothing much to do
Angel or devil, I don’t care
For in front of that door, there is you
My death waits
like a beggar blind
Who sees the world
through an unlit mind
Throw him a dime
for the passing time
My death waits there
between your thighs
Your cool fingers
will close my eyes
Let’s not think of that
and the passing time
My death waits
to allow my friends
A few good times before it ends
So let’s drink to that
and the passing time
But what ever lies behind the door
There is nothing much to do
Angel or devil, I don’t care
For in front of that door, there is you
My death waits there among the leaves
In magicians’ mysterious sleeves
Rabbits and dogs and the passing time
My death waits there among the flowers
Where the blackest shadow,
blackest shadow cowers
Let’s pick lilacs for the passing time
My death waits there
in a double bed
Sails of oblivion at my head
So pull up the sheets
against the passing time
But what ever lies behind the door
There is nothing much to do
Angel or devil, I don’t care
For in front of that door, there is you
La traduzione del cantautore americano Mort Shuman, resa famosa da David Bowie presenta rispetto all’originale in francese alcune differenze significative che potete apprezzare nel confronto tra le traduzioni italiane delle due versioni:
La Mia Morte (Jacques Brel / Mort Schuman)
La mia morte aspetta
come un vecchio dissoluto
Così sicuro che gli andrò incontro
Fischia a lui e al passare del tempo
La mia morte aspetta
come una verità biblica
Al funerale della mia giovinezza
Piange forte per questo
e per il passare del tempo
La mia morte aspetta
come una strega nella notte
Certo com’è brillante il nostro amore
Non pensiamo al passare del tempo
Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta
Non c’è molto da fare
Angelo o diavolo, non m’importa
Perché di fronte a quella porta ci sei tu
La mia morte aspetta
come un mendicante cieco
Che vede il mondo
attraverso una mente spenta
Tiragli una moneta
per il passare del tempo
La mia morte aspetta lì,
in mezzo alle tue cosce
Le tue dita fredde
chiuderanno i miei occhi
Non pensiamo a questo
e al tempo che passa
La mia morte aspetta
per consentire ai miei amici
Di divertirsi un po’ prima della fine
Così brindiamo a questo
e al passare del tempo
Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta
Non c’è molto da fare
Angelo o diavolo, non m’importa
Perché di fronte a quella porta ci sei tu
La mia morte aspetta lì fra le foglie
Fra le maniche misteriose dei maghi
Conigli e cani e il passare del tempo
La mia morte aspetta lì fra i fiori
Dove l’ombra più nera,
l’ombra più nera si ritrae
Raccogliamo i lillà per il passare del tempo
La mia morte aspetta là
in un letto matrimoniale
Con vele d’oblio nella mia testa
Così tiriamo su le lenzuola
contro il passare del tempo
Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta
Non c’è molto da fare
Angelo o diavolo, non m’importa
Perché di fronte a quella porta ci sei tu
La versione soprastante, presente nell’ultimo concerto di Ziggy Stardust and the Spiders of Mars, fu pubblicata solo dieci anni dopo, nel 1983, in Ziggy Stardust – The Motion Picture, colonna sonora di quei concerti.
Come spesso nella sua carriera, Bowie ha fornito diverse reinterpretazioni delle sue proposte.
Fra esse vi propongo questa registrazione del 1995.
*La traduzione italiana di La Mort di Brel mi è stata regalata al volo da Letizia Merello, poiché non ne esistevano di accettabili, in occasione del Reading Eros e Thanatos. Io vi ho poi apportato minime modifiche.
Chi conosce Formaldeide e Bobby Soul sa che frequentano mondi prossimi, ma paralleli.
La realtà di Formaldeide (Bettina Banchini, voce recitante, e Lorenzo Guacciolo, chitarra emotiva) è quella di una musicopoesia spesso confessionale, dai toni acidi e sferzanti, ironici e disperati, in un gioco di estremi tenuti assieme da sei corde incredibili.
Bobby Soul (accompagnato da Alessio Caorsi alla chitarra rovente) è un cantattore dalla voce nerissima e dal sorriso rassicurante, con un repertorio soul, funk, blues.
L’associazione pare inedita e coraggiosa, la distanza incolmabile.
Poi, si apre il sipario e Formaldeide si manifesta: è un universo femminile messo a nudo, fatto di pelle, sogni e qualche taglio, nella tensione ondivaga ed onirica creata dalla sinergia avvolgente di voce e chitarra.
In questo universo, sulle ali di un’eco, piomba la calda e terrena energia maschile di Bobby ed Alessio: You do something to me.
Ogni dubbio cade, il palco non mente: restituisce ciò che dai, supera schemi, classificazioni, preconcetti.
Si tratta della più antica ed affascinante storia di sempre: lui e lei si inseguono, si stuzzicano, entrano in contatto profondo ed inevitabilmente non si comprendono.
In questa schermaglia eterna interviene Viviane Ciampi, nel suo francese delicato ed affascinante, cantando l’irridente gioia di vivere di Boris Vian, per ricordarci che viviamo un destino comune e mortale.
Potrebbe esser un buon finale, ma è lo stesso Vian (declamato prima in originale da Viviane, poi in traduzione da Bettina) a riportarci nel nostro mondo imperfetto, finito e romantico, in cui uomo e donna cercano di fare il proprio meglio, aree creature del vento che si attaccano l’un l’altra per non disperdersi…
Il dialogo a distanza riprende su un piano più alto e consapevole, e le voci lasciano il campo alle chitarre, alla ricerca di una lingua comune, in un fraseggio prima accennato poi fitto, caldo ed avvolgente, in cui gli stili si fondono in un altro atto d’amore, conducendoci altrove. Vorremmo non finisse mai…
“Dormi, dormi adesso dentro la mia pelle” dice lei.
“Questo mio mondo” – risponde lui, rassicurante – “ma non sarebbe nulla senza una donna”.
Sembrerebbe tutto ricomposto nel canonico lieto fine, ma non è così.
Bettina legge “Per il mio amante, che torna dalla moglie” di Anne Sexton e dissolve l’acquarello.
Protagonisti convincentissimi… Quando lo ridanno?
Avete due opportunità se aprite questa scatola musicale:
Danzare Con i Cavalieri o Guardare il Cielo.
Intanto che pensate a cosa preferire, cominciate ad alzarvi e venite a QUI a cliccare, che la cena è pronta!
Post musical letterario del mercoledì a cavallo di 6 secoli.
Ci sono tanti modi di raccontare una storia quanti, e forse più, ce ne sono di affrontare la realtà.
Quando poi la storia è affidata alla tradizione orale ed ai cantastorie può succedere qualsiasi cosa. Così di The Unquiet Grave, ballata inglese che sembra risalire al 1400, esistono quasi una ventina di versioni testuali non sempre associate alla stessa melodia. Il già altrove citato Francis J. Child nel 1868 la cataloga al nr. 78 delle Child Ballads, mostrandone dieci varianti.
Il tema, notissimo nelle ballate popolari, è quello dell’inconsolabile dolore di un giovane per la morte dell’amata. Le varie versioni presentano differenze testuali, melodiche ed anche concettuali.
La prima che vi propongo è un arrangiamento del 1973 dei Gryphon, nell’omonimo disco di esordio. Si tratta di una variante suggestiva della 78E che utilizza la musica di un’altra ballata del 1600: Dives and Lazarus (Child 56).
Cold blows the wind to my true love and gently falls the rain.
I only had but one true love, and in green woods she lies slain.
I’ll do as much for my true love as any young man may –
I’ll sit and mourn along the grave for a twelve-month and a day.
When the twelve-month and a day was done, the ghost began to speak:
“Why sittest thou along my grave and will not let me sleep?”
There’s one thing that I want, sweetheart, there’s one thing that I crave,
And that is a kiss from your lily-white lips. Then I’ll go from your grave.
“My lips they are as cold as clay, my breath smells earthy strong,
And if you kiss my lily-white lips, your days they won’t be long.
Go fetch me water from the desert, and blood from out of stone;
Go fetch me milk from a fair maid’s breast that never a young man has known.”
‘Twas down in Cupid’s Garden, where you and I would walk,
The fairest flower that ever I saw is withered to a stalk.
The stalk is withered and dry sweetheart, the flower will ne’er return,
And since I lost my one true love, what can I do but mourn?
When shall we meet again, sweetheart? When shall we meet again?
“Ere the oaken leaves that fall from the tree are green and spring up again.”
Più lineare la versione catalogata 78A, in cui la defunta consiglia all’amato di lasciarla e di vivere la propria esistenza. A dar voce a questa variante, con melodia celtica, Luke Kelly dei Dubliners,pubblicata nel 1975, nell’album Now.
‘The wind doth blow today, my love,
And a few small drops of rain;
I never had but one true-love,
In cold grave she was lain.
‘I’ll do as much for my true-love
As any young man may;
I’ll sit and mourn all at her grave
For a twelvemonth and a day.’
The twelvemonth and a day being up,
The dead began to speak:
‘Oh who sits weeping on my grave,
And will not let me sleep?’
‘Tis I, my love, sits on your grave,
And will not let you sleep;
For I crave one kiss of your clay-cold lips,
And that is all I seek.’
‘You crave one kiss of my clay-cold lips;
But my breath smells earthy strong;
If you have one kiss of my clay-cold lips,
Your time will not be long.
‘Tis down in yonder garden green,
Love, where we used to walk,
The finest flower that ere was seen
Is withered to a stalk.
‘The stalk is withered dry, my love,
So will our hearts decay;
So make yourself content, my love,
Till God calls you away.’
Suggestiva, declinata al femminile, dalla parte del fantasma, la versione proposta da Kate Rusby nel 1999, nell’album Sleepless.
Vagando per youtube ed il web avrete la possibilità di ascoltare proposte note, come quella di Joan Baez, che utilizza la versione testuale 78E (la stessa dei Gryphon), e meno note, come quella del gruppo Darkwave Helium Vola, che dei Gryphon arrangia la melodia. Questa melodia, come si è detto, appartiene a Dives and Lazarus, trasposizione in forma di ballata della parabola Il ricco e Lazzaro.
Giunto a Dives and Lazarus, non posso che proporvi Five Variants of ‘Dives and Lazarus’ composte nel 1939 da Ralph Vaughan Williams e dirette da Sir Neville Marriner.
Forse Vaughan Williams non sarà un innovatore, probabilmente apparirà banale, ma….
Post musicale letterario del mercoledì piuttosto anomalo. Due brani tratti da Genealogia, album del Perigeo, 1974.
Genealogia
Via Beato Angelico
Ve li porgo così, privi di collegamenti letterari e con un’unica indicazione: pazienza.
Se già non li conoscete potrebbero rivelarsi una sorpresa ed un avvicinamento ad un altro orizzonte.
Post musicale del mercoledì controcorrente.
Oddio, controcorrente rispetto a quel che ascolto di solito e, forse, rispetto ad alcuni pregiudizi.
La presento così Yuja Wang – Stravinsky – Petruschka (piano version)
Il brano è contenuto in Transformation (Deutsche Grammophon, 2010).
Motivo della scelta? Ho visto un concerto di Yuja Wang e mi ha incuriosito, anche per le giocolerie pianistiche…
Tutto qui… e poi perché, come anticipato, si tratta di una scelta per me Controcorrente, come il titolo del mio racconto.
Per chi ha letto il post della scorsa settimana, Controcorrente è la parte riversa di A Rebours.
Mi spiace il web sveli tutto immediatamente.
Non fosse così, vi proporrei il brano odierno senza darvi alcuna indicazione, se non quella del volume: molto alto.
Vi trovereste certo dubbiosi sul periodo, sulla nazione, sull’autore.
Vivreste insomma uno di quei momenti di gioco, curiosità e scoperta che questo mondo iperveloce ci sta portando via, sostituiti da desideri esauditi troppo presto per divenire passioni profonde.
Vi chiedo, comunque, di assecondarmi ed ascoltare senza legger oltre, senza nemmeno guardare le poche indicazioni fornite dal video, meglio ancora senza far null’altro che ascoltare…
Per chi non avesse già sbirciato, si tratta di Le Cahos, primo movimento della sinfonia Les Élémens composta da Jean-Fery Rebel nel 1737, in esecuzione filologica di Christopher Hogwood che dirige The Academy of Ancient Music.
E’ un movimento di grandissima modernità, ben oltre quel che ci s’attende dalla musica barocca. Rebel descrive, con ardite scelte armoniche, il Caos prima dell’attuale ordine costituito, incentrato sull’equilibrio dei quattro elementi: Fuoco, Terra, Aria ed Acqua.
Il tema è vastissimo ed appartiene, in modo trasversale, alle maggiori culture planetarie e non è nemmeno pensabile andar oltre ora. Va certo notato che il tentativo di Rebel è in qualche modo controcorrente, rispetto al mondo alchemico, tendendo qui al magma originario più che alla meta quintessenziale.
Visto il tema, controcorrente ed ermetico, il post letterario collegato è, forzatamente, À Rebours, mio vecchio racconto a chiave, pubblicato nel 1993 su il babau n.10.
Per ora la chiave non verrà rivelata.