Giustizia sia fatta!

Certi provvedimenti per risolvere le “cose italiane”, e non solo, mi hanno ricordato il testo di The Trees della band canadese Rush, presente nell’album Hemispheres del 1979.

Un certo malcontento serpeggia nella foresta, gli aceri si lamentano perché le alte querce “rubano” loro tutto il sole.

Da parte loro le querce hanno difficoltà a capire perché gli aceri non possano esser lieti nella loro ombra.

La situazione diviene presto insostenibile, le creature del bosco lo abbandonano, ed alfine giustizia è fatta attraverso… tagli, tagli e tagli

La musica potrebbe risultarvi ostica: i Rush non sono amati da tutti, ma… confido possiate cambiar idea.

There is unrest in the forest
There is trouble with the trees
For the maples want more sunlight
And the oaks ignore their pleas

The trouble with the maples
(And they’re quite convinced they’re right)
They say the oaks are just too lofty
And they grab up all the light
But the oaks can’t help their feelings
If they like the way they’re made
And they wonder why the maples
Can’t be happy in their shade

There is trouble in the forest
And the creatures all have fled
As the maples scream ‘Oppression!’
And the oaks just shake their heads

So the maples formed a union
And demanded equal rights
‘The oaks are just too greedy
We will make them give us light’
Now there’s no more oak oppression
For they passed a noble law
And the trees are all kept equal
By hatchet, axe and saw

 

Una sana equiparazione… in basso!

C’è da augurarsi che non protesti anche l’erba!

 

Le lingue della Morte

Post sottosopra ed ondivago che segue la cronologia del sentire e dell’esperienza anziché quella temporale.

Ostaia da-U Neo, Genova 14 Gennaio 2016

La morte (Jacques Brel*)

La morte mi attende come una vecchia fanciulla

All’appuntamento con la falce

Per meglio mietere il tempo che passa

La morte mi attende come una principessa

Al funerale della mia gioventù

Per meglio piangere il tempo che passa

La morte mi attende come una fata cattiva

Al rogo delle nostre nozze

Per meglio ridere del tempo che passa

 

Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta

È già lì che mi aspetta

Angelo o demone non importa

Davanti alla porta ci sei tu

 

La morte attende sotto il cuscino

Che dimentichi di svegliarmi

Per meglio congelare il tempo che passa

La morte attende che i miei amici

Vengano a trovarmi di notte

Per meglio raccontarci che il tempo passa

La morte mi attende tra le tue mani diafane

Che dovranno chiudermi le palpebre

Per meglio dire addio al tempo che passa

 

Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta

È già lì che mi aspetta

Angelo o demone non importa

Davanti alla porta ci sei tu

 

La morte mi attende alle ultime foglie

Dell’albero che sarà la mia bara

Per meglio inchiodare il tempo che passa

La morte mi attende tra i lillà

Che un becchino tirerà su di me

Per meglio far sbocciare il tempo che passa

La morte mi attende in un grande letto

Teso con le tele dell’oblio

Per meglio fermare il tempo che passa

 

Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta

È già lì che mi aspetta

Angelo o demone non importa

Davanti alla porta ci sei tu

 

 

Parigi, 1959

La Mort (Jacques Brel)

La mort m’attend comme une vieille fille

Au rendez-vous de la faucille

Pour mieux cueillir le temps qui passe

La mort m’attend comme une princesse

A l’enterrement de ma jeunesse

Pour mieux pleurer le temps qui passe

La mort m’attend comme Carabosse

A l’incendie de nos noces

Pour mieux rire du temps qui passe

 

Mais qu’y a-t-il derrière la porte

Et qui m’attend déjà

Ange ou démon qu’importe

Au devant de la porte il y a toi

 

La mort attend sous l’oreiller

Que j’oublie de me réveiller

Pour mieux glacer le temps qui passe

La mort attend que mes amis

Me viennent voir en pleine nuit

Pour mieux se dire que le temps passe

La mort m’attend dans tes mains claires

Qui devront fermer mes paupières

Pour mieux quitter le temps qui passe

 

Mais qu’y a-t-il derrière la porte

Et qui m’attend déjà

Ange ou démon qu’importe

Au devant de la porte il y a toi

 

La mort m’attend aux dernières feuilles

De l’arbre qui fera mon cercueil

Pour mieux clouer le temps qui passe

La mort m’attend dans les lilas

Qu’un fossoyeur lancera sur moi

Pour mieux fleurir le temps qui passe

La mort m’attend dans un grand lit

Tendu aux toiles de l’oubli

Pour mieux fermer le temps qui passe

 

Mais qu’y a-t-il derrière la porte

Et qui m’attend déjà

Ange ou démon qu’importe

Au devant de la porte il y a toi

 

Hammersmith Odeon, Londra, 3 Settembre 1973

My Death (Jacques Brel / Mort Schuman)

My death waits

like an old rouè

So confident I’ll go his way

Whistle to him and the passing time

My death waits

like a bible truth

At the funeral of my youth

Weep loud for that

and the passing time

My death waits

like a witch at night

As surely as our love is bright

Let’s not think about the passing time

 

But what ever lies behind the door

There is nothing much to do

Angel or devil, I don’t care

For in front of that door, there is you

 

My death waits

like a beggar blind

Who sees the world

through an unlit mind

Throw him a dime

for the passing time

My death waits there

between your thighs

Your cool fingers

will close my eyes

Let’s not think of that

and the passing time

My death waits

to allow my friends

A few good times before it ends

So let’s drink to that

and the passing time

 

But what ever lies behind the door

There is nothing much to do

Angel or devil, I don’t care

For in front of that door, there is you

 

My death waits there among the leaves

In magicians’ mysterious sleeves

Rabbits and dogs and the passing time

My death waits there among the flowers

Where the blackest shadow,

blackest shadow cowers

Let’s pick lilacs for the passing time

My death waits there

in a double bed

Sails of oblivion at my head

So pull up the sheets

against the passing time

 

But what ever lies behind the door

There is nothing much to do

Angel or devil, I don’t care

For in front of that door, there is you

 

La traduzione del cantautore americano Mort Shuman, resa famosa da David Bowie presenta rispetto all’originale in francese alcune differenze significative che potete apprezzare nel confronto tra le traduzioni italiane delle due versioni:

La Mia Morte (Jacques Brel / Mort Schuman)

La mia morte aspetta

come un vecchio dissoluto

Così sicuro che gli andrò incontro

Fischia a lui e al passare del tempo

La mia morte aspetta

come una verità biblica

Al funerale della mia giovinezza

Piange forte per questo

e per il passare del tempo

La mia morte aspetta

come una strega nella notte

Certo com’è brillante il nostro amore

Non pensiamo al passare del tempo

 

Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta

Non c’è molto da fare

Angelo o diavolo, non m’importa

Perché di fronte a quella porta ci sei tu

 

La mia morte aspetta

come un mendicante cieco

Che vede il mondo

attraverso una mente spenta

Tiragli una moneta

per il passare del tempo

La mia morte aspetta lì,

in mezzo alle tue cosce

Le tue dita fredde

chiuderanno i miei occhi

Non pensiamo a questo

e al tempo che passa

La mia morte aspetta

per consentire ai miei amici

Di divertirsi un po’ prima della fine

Così brindiamo a questo

e al passare del tempo

Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta

Non c’è molto da fare

Angelo o diavolo, non m’importa

Perché di fronte a quella porta ci sei tu

 

La mia morte aspetta lì fra le foglie

Fra le maniche misteriose dei maghi

Conigli e cani e il passare del tempo

La mia morte aspetta lì fra i fiori

Dove l’ombra più nera,

l’ombra più nera si ritrae

Raccogliamo i lillà per il passare del tempo

La mia morte aspetta là

in un letto matrimoniale

Con vele d’oblio nella mia testa

Così tiriamo su le lenzuola

contro il passare del tempo

 

Ma qualunque cosa ci sia dietro la porta

Non c’è molto da fare

Angelo o diavolo, non m’importa

Perché di fronte a quella porta ci sei tu

 

La versione soprastante, presente nell’ultimo concerto di Ziggy Stardust and the Spiders of Mars, fu pubblicata solo dieci anni dopo, nel 1983, in Ziggy Stardust – The Motion Picture, colonna sonora di quei concerti.

Come spesso nella sua carriera, Bowie ha fornito diverse reinterpretazioni delle sue proposte.

Fra esse vi propongo questa registrazione del 1995.

 

*La traduzione italiana di La Mort di Brel mi è stata regalata al volo da Letizia Merello, poiché non ne esistevano di accettabili, in occasione del Reading Eros e Thanatos. Io vi ho poi apportato minime modifiche.

The Unquiet Grave of Dives and Lazarus

Post musical letterario del mercoledì a cavallo di 6 secoli.

Ci sono tanti modi di raccontare una storia quanti, e forse più, ce ne sono di affrontare la realtà.

Quando poi la storia è affidata alla tradizione orale ed ai cantastorie può succedere qualsiasi cosa. Così di The Unquiet Grave, ballata inglese che sembra risalire al 1400, esistono quasi una ventina di versioni testuali non sempre associate alla stessa melodia. Il già altrove citato Francis J. Child nel 1868 la cataloga al nr. 78 delle Child Ballads, mostrandone dieci varianti.

Il tema, notissimo nelle ballate popolari, è quello dell’inconsolabile dolore di un giovane per la morte dell’amata. Le varie versioni presentano differenze testuali, melodiche ed anche concettuali.

La prima che vi propongo è un arrangiamento del 1973 dei Gryphon, nell’omonimo disco di esordio. Si tratta di una variante suggestiva della 78E che utilizza la musica di un’altra ballata del 1600: Dives and Lazarus (Child 56).

Cold blows the wind to my true love and gently falls the rain.
I only had but one true love, and in green woods she lies slain.
I’ll do as much for my true love as any young man may –
I’ll sit and mourn along the grave for a twelve-month and a day.

When the twelve-month and a day was done, the ghost began to speak:
“Why sittest thou along my grave and will not let me sleep?”
There’s one thing that I want, sweetheart, there’s one thing that I crave,
And that is a kiss from your lily-white lips. Then I’ll go from your grave.

“My lips they are as cold as clay, my breath smells earthy strong,
And if you kiss my lily-white lips, your days they won’t be long.
Go fetch me water from the desert, and blood from out of stone;
Go fetch me milk from a fair maid’s breast that never a young man has known.”

‘Twas down in Cupid’s Garden, where you and I would walk,
The fairest flower that ever I saw is withered to a stalk.
The stalk is withered and dry sweetheart, the flower will ne’er return,
And since I lost my one true love, what can I do but mourn?

When shall we meet again, sweetheart? When shall we meet again?
“Ere the oaken leaves that fall from the tree are green and spring up again.”

Più lineare la versione catalogata 78A, in cui la defunta consiglia all’amato di lasciarla e di vivere la propria esistenza. A dar voce a questa variante, con melodia celtica, Luke Kelly dei Dubliners,pubblicata nel 1975, nell’album Now.

‘The wind doth blow today, my love,
And a few small drops of rain;
I never had but one true-love,
In cold grave she was lain.

‘I’ll do as much for my true-love
As any young man may;
I’ll sit and mourn all at her grave
For a twelvemonth and a day.’

The twelvemonth and a day being up,
The dead began to speak:
‘Oh who sits weeping on my grave,
And will not let me sleep?’

‘Tis I, my love, sits on your grave,
And will not let you sleep;
For I crave one kiss of your clay-cold lips,
And that is all I seek.’

‘You crave one kiss of my clay-cold lips;
But my breath smells earthy strong;
If you have one kiss of my clay-cold lips,
Your time will not be long.

‘Tis down in yonder garden green,
Love, where we used to walk,
The finest flower that ere was seen
Is withered to a stalk.

‘The stalk is withered dry, my love,
So will our hearts decay;
So make yourself content, my love,
Till God calls you away.’

Suggestiva, declinata al femminile, dalla parte del fantasma, la versione proposta da Kate Rusby nel 1999, nell’album Sleepless.

Vagando per youtube ed il web avrete la possibilità di ascoltare proposte note, come quella di Joan Baez, che utilizza la versione testuale 78E (la stessa dei Gryphon), e meno note, come quella del gruppo Darkwave Helium Vola, che dei Gryphon arrangia la melodia. Questa melodia, come si è detto, appartiene a Dives and Lazarus, trasposizione in forma di ballata della parabola Il ricco e Lazzaro.

Giunto a Dives and Lazarus, non posso che proporvi Five Variants of ‘Dives and Lazarus’ composte nel 1939 da Ralph Vaughan Williams e dirette da Sir Neville Marriner.

Forse Vaughan Williams non sarà un innovatore, probabilmente apparirà banale, ma….

Senza Parole

Post musicale letterario del mercoledì piuttosto anomalo. Due brani tratti da Genealogia, album del Perigeo, 1974.

Genealogia

Via Beato Angelico

Ve li porgo così, privi di collegamenti letterari e con un’unica indicazione: pazienza.

Se già non li conoscete potrebbero rivelarsi una sorpresa ed un avvicinamento ad un altro orizzonte.

Controcorrente

Post musicale del mercoledì controcorrente.

Oddio, controcorrente rispetto a quel che ascolto di solito e, forse, rispetto ad alcuni pregiudizi.

La presento così Yuja Wang – Stravinsky – Petruschka (piano version)

Il brano è contenuto in Transformation (Deutsche Grammophon, 2010).

Motivo della scelta? Ho visto un concerto di  Yuja Wang e mi ha incuriosito, anche per le giocolerie pianistiche…

Tutto qui… e poi perché, come anticipato, si tratta di una scelta per me Controcorrente, come il titolo del mio racconto.

Per chi ha letto il post della scorsa settimana, Controcorrente è la parte riversa di A Rebours.

A ciascuno il suo Caos

Mi spiace il web sveli tutto immediatamente.

Non fosse così, vi proporrei il brano odierno senza darvi alcuna indicazione, se non quella del volume: molto alto.

Vi trovereste certo dubbiosi sul periodo, sulla nazione, sull’autore.

Vivreste insomma uno di quei momenti di gioco, curiosità e scoperta che questo mondo iperveloce ci sta portando via, sostituiti da desideri esauditi troppo presto per divenire passioni profonde.

Vi chiedo, comunque, di assecondarmi ed ascoltare senza legger oltre, senza nemmeno guardare le poche indicazioni fornite dal video, meglio ancora senza far null’altro che ascoltare…

Per chi non avesse già sbirciato, si tratta di Le Cahos, primo movimento della sinfonia Les Élémens  composta da Jean-Fery Rebel nel 1737, in esecuzione filologica di Christopher Hogwood che dirige The Academy of Ancient Music.

E’ un movimento di grandissima modernità, ben oltre quel che ci s’attende dalla musica barocca. Rebel descrive, con ardite scelte armoniche, il Caos prima dell’attuale ordine costituito, incentrato sull’equilibrio dei quattro elementi: Fuoco, Terra, Aria ed Acqua.

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Il tema è vastissimo ed appartiene, in modo trasversale, alle maggiori culture planetarie e non è nemmeno pensabile andar oltre ora. Va certo notato che il tentativo di Rebel è in qualche modo controcorrente, rispetto al mondo alchemico, tendendo qui al magma originario più che alla meta quintessenziale.

Visto il tema, controcorrente ed ermetico, il post letterario collegato è, forzatamente, À Rebours, mio vecchio racconto a chiave, pubblicato nel 1993 su il babau n.10.

Per ora la chiave non verrà rivelata.

Living After Midnight

Post musicale d’un mercoledì di metà agosto.

Avrei voluto metter qualcosa di festaiolo, che facesse un po’ baccano e che, ovviamente, fosse collegabile con qualche testo letterario.

Mi sono chiesto come potesse suonare oggi Living After Midnight dei Judas Priest, inno delle nostre vacanze in Costa Brava anni ’80. Non mi ha convinto… o meglio, mi ha convinto eccome, ma mi rendo conto che si tratta di un genere e, soprattutto, di un’iconografia detestati dagli amanti della letteratura, tranne rari (e fortunati) casi.

Sono quindi andato oltre cercando un ponte di congiunzione fino a giungere al brano che vi propongo stanotte.

Curiosamente, la scelta non è “edulcorata” per nulla ed è molto meno “digeribile” di Living After Midnight che dalla sua aveva un bel ritmo accattivante. The Sign of the Southern Cross non è nulla di ciò: è un sontuoso pezzo Metal del 1981, tratto da Mob Rules dei Black Sabbath con Ronnie James Dio  in grandissimo spolvero.

Se non conoscete il genere, o avete dei pregiudizi, ma ci volete provare, date volume al vostro impianto e lasciatevi andare: The Sign of The Southern Cross potrebbe farvi riconsiderare alcune cose. Nel caso ciò non dovesse accadere, potrò consolarmi pensando d’averci tentato.

Non ci sono brani letterari collegati.

Ma sì… visto che siamo quasi a mezzanotte, e che è partito tutto da lì, un po’ di baccano… Living After Midnight

It’s a Beautiful Day!

Nel 1967 il ventiseienne violinista David LaFlamme, già solista della Utah Symphony Orchestra fonda, insieme ad altri musicisti, gli It’s a Beautiful Day.

Il gruppo, pur non notissimo, è unico per la quantità di stili ed influenze. Appartenente all’insieme delle grandi band di San Francisco, Jefferson Airplane, Grateful Dead e Santana, e quindi di chiara matrice west coast psichedelica, gli It’s Beautiful Day accolgono sonorità classiche, rock, jazz, folk e world beat.

Sembra interessante? E se vi dicessi che Child in Time dei Deep Purple, come ammesso da Ian Gillan, nasce dal riff di Bombay Calling (1969)?

La paternità è indiscutibile!

Quanto alla seconda proposta sono stato indeciso a lungo, perché amo indistintamente qualsiasi brano del primo omonimo disco: imperdibili White Bird e Girl With No Eyes!

Alla fine opero una scelta musical letteraria, come si conviene a questo post.

La seconda facciata di It’s a Beautiful Day è composta da una suite comprendente Bombay Calling, la sottostante Bulgaria e la straordinaria Time Is di cui presento il solo testo, nella speranza che la curiosità vi spinga a cercarla.

Ovviamente, la suite andrebbe ascoltata per intero. Avanti…! 🙂

Time is

Time is too slow for those who wait
And time is too swift for those who fear
Time is too long for those who grieve
And time is too short for those that laugh

And love is too slow for those who wait
And love is too swift for those who fear
Love is too long for those who grieve
And love is too short for those that laugh

But for those who love
But for those who really love
But for those who love
Time
Sweet time
Precious time
Lovely time
All the time
Time, time, time, time…
is eternity

Hours fly
Hours fly
Hours fly
But even flowers must die
And then a new day comes
And there’s a new day’s dawn
And there’s a new day’s sun
And love stays on
Sweet love stays on
Love stays on
Love stays on
Love, love, love, love
And time, time, time, time…

Riccardo Cuor di Leone

Post musical letterario alla ricerca delle origini.

Riavvolgiamo il tempo e portiamoci tra il dicembre 1192 ed il febbraio 1194.

Riccardo I d’Inghilterra, noto come Cuor di Leone, di ritorno dalla terza crociata, vien fatto prigioniero da Leopoldo V, duca d’Austria, accusato dell’omicidio di Corrado del Monferrato, re di Gerusalemme. E’ probabile che le ragioni della sua cattura fossero altre, ma la storia di quest’epoca spesso si mischia alla leggenda e l’analisi delle fonti anziché chiarire i dubbi amplifica il mistero.

Di certo, fino a prossima smentita, sembra esserci il fatto che durante questa prigionia, Riccardo I scrive Ja nuns hons pris ne dira sa raison, uno dei pochissimi esempi di rotrouenge giunti ai giorni nostri. Ja nuns hons pris si discosta dalla tradizione amorosa di questo tipo di poesia lirica medievale di trovatori e trovieri, per il carattere politico del tema trattato: la propria prigionia.

Il testo, straordinario, è riportato nell’originale occitano ed in traduzione italiana, quanto alla musica ne esistono svariate versioni, prevalentemente monodiche, più o meno filologiche: tra esse vorrei tanto proporvi quella del 1970 dell’Early Music Consort di David Munrow, ma non sono riuscito a reperirla in un formato allegabile.

Non potendo proporvi Munrow, sottopongo alla vostra attenzione due incisioni molto distanti tra loro: la prima del musicista americano Owain Phyfe e la seconda del gruppo musicale francese Alla Francesca.

Per chi ha il coraggio di compiere un salto a pie’ pari di oltre 821 anni consiglio di passare direttamente alla seconda.

Per i “deboli di cuore”, invece, consiglio l’avvicinamento convincente, seppur edulcorato e ridotto alle prime due strofe, di Owain Phyfe, presente nell’album del 1999 Poets, Bards & Singers of Songs.

Probabilmente più prossimo al suono del tempo di Riccardo Cuor di Leone, questo il brano registrato dal gruppo francese Alla Francesca per l’album Richard Coeur de Lion, Troubadours et trouvères del 1997.

Ja nuns hons pris ne dira sa raison
A droitement, se dolantement non:
Mais par esfort puet il faire chançon.
Mout ai amis, mais povre sunt li don.
Honte i avront, se por ma reançon
Sui ça deus yvers pris.
Mai nessun prigioniero potrà esprimere
bene quel che sente senza lamentarsi:
ma sforzandosi puo’ comporre una canzone.
Ho molti amici, ma poveri sono i loro doni.
Saranno biasimati, se per non darmi riscatto,
son già due inverni che sono qui prigioniero.
Ce sevent bien mi home e mi baron,
Ynglois, Normanz, Poitevin et Gascon
Que je n’ai nul si povre compaignon
Que je lessaisse, por avoir, en prison.
Je nou di mie por nule rentrançon,
Car encor sui pris.
Ma i miei uomini e i miei baroni,
Inglesi, Normanni, Pittavini e Guasconi,
Sanno bene che non lascerei marcire in prigione
Per denaro neanche l’ultimo dei miei compagni.
E non lo dico certo per rimproverarvi,
Ma perché sono ancora qui prigioniero.
Or sai je bien de voir, certeinnement,
Que je ne pris ne ami, ne parent,
Quant on me faut por or ne por argent.
Mout m’est de moi, mès plus m’est de ma gent;
Qu’après ma mort avront reprochement,
Se longuement sui pris.
Ora so bene, con certezza,
Che un prigioniero non ha più parenti nè amici,
Poiché mi si tradisce per oro o per argento.
Soffro molto per me, ma più per la mia gente,
Poiché, dopo, la mia morte sarà biasimata
Se a lungo resterò prigioniero.
N’est pas mervoille se j’ai le cuer dolent,
Quant mes sires mest ma terre en torment.
S’il li membrast de nostre soirement
Que nos feïsmes andui communement,
Je sai de voir que ja trop longuement
Ne seroie ça pris.
Non c’è da meravigliarsi se ho il cuore dolente,
Dato che il mio Signore tormenta la mia terra.
Se si ricordasse del nostro giuramento
Che entrambi facemmo di comune accordo,
So con certezza che mai, adesso,
Da così tanto sarei prigioniero.
Ce sevent bien Angevin et Torain,
Cil bacheler qui or sont riche et sain,
Qu’encombrez sui loing d’aus, en autre main.
Forment m’aidessent, mais il n’en oient grain.
De beles armes sont ore vuit et plain,
Por ce que je sui pris.
Lo sanno bene gli Angioini e i Turennesi,
Quei baccellieri che son sani e ricchim ora,
Che io sono lontano da loro, in mano ad altri.
Mi aiuterebbero molto, ma non ci sentono.
Di belle armi e di scudi sono privi,
Perché io sono qui prigioniero.
Contesse suer, vostre pris soverain
Vos saut et gart cil a cui je m’en clain;
E por ce que je sui pris.
Je ne di mie a cele de Chartrain,
La mere Loëys.
Sorella Contessa, che conservi e protegga
Il vostro alto pregio Colui cui mi appello
E per cui sono prigioniero.
E non lo dico certo a quella di Chartres,
La madre di Luigi.

Rose Connelly

Arthur_Hughes_-_Ophelia_(First_Version)

Due mercoledì fa ha avuto inizio questo cammino musical letterario nelle ballate omicide con due Murder Ballads di Nick Cave. Delle origini della prima, Henry Lee, si è parlato, letto ed ascoltato mercoledì scorso. Questo mercoledì è dedicato alla seconda, Where the Wild Roses Grow, in duetto con Kylie Minogue. Il brano di struggente liricità è qui proposto in una versione acustica registrata nel 2011 per l’album The Abbey Road Sessions.



Diversamente da Herny Lee, Where the Wild Roses Grow non trae origine diretta da una ballata più antica, tuttavia nel passato trova ispirazione, essendo composta con il pensiero rivolto a Down in the Willow Garden, brano irlandese di cui si hanno le prime tracce certe nel 1811, con il titolo Rose Connelly. Di Down in the Willow Garden vi propongo due versioni. La prima è vicina nel tempo (2013) e nel gusto ed è tratta dall’album Foreverly di Billie Joe Armstrong & Norah Jones.



Down in the willow garden Where me and my true love did meet, It was there we were courtin’, My love fell off to sleep. I had a bottle of burgundy wine, My true love she did not know. It was there I murdered that dear little girl Down on the banks below. I drew my saber through her, It was a bloody knife, I threw her into the river, It was a horrible sight. My father oft had told me That money would set me free If I would murder that poor little girl Whose name was Rose Connelly. Now he stands at his cabin door, Wiping his tears from his eyes, Gazing on his own dear son, Upon the scaffold high. My race is run beneath the sun, The Devil is waiting for me, For I did murder that dear little girl Whose name was Rose Connelly La seconda è quella più canonica degli The Everly Brothers, registrata nel 1958.



E’, purtroppo, difficile trovare una versione di qualità che suoni come l’originale irlandese, perché il brano è divenuto famoso negli Stati Uniti, come ballata di stile appalachiano, soprattutto a partire dalle prime incisioni discografiche del 1927 e 1928 di Greyson & Whitter, con il titolo di Rose Conley.



Ad assicurarci l’origine irlandese della ballata è una poesia di William Butler Yeats, Down by the Salley Gardens del 1889:

Down by the salley gardens my love and I did meet;
She passed the salley gardens with little snow-white feet.
She bid me take love easy, as the leaves grow on the tree;
But I, being young and foolish, with her would not agree.
In a field by the river my love and I did stand,
And on my leaning shoulder she laid her snow-white hand.
She bid me take life easy, as the grass grows on the weirs;
But I was young and foolish, and now am full of tears.

di questa poesia esiste una suggestiva versione musicale della canadese  Loreena McKennitt



In realtà la poesia di Yeats e tutte le ballate precedenti fanno riferimento seguenti versi di  The Rambling Boys of Pleasure: “It was down by Sally’s Garden one evening late I took my way. ‘Twas there I spied this pretty little girl, and those words to me sure she did say. She advised me to take love easy, as the leaves grew on the tree. But I was young and foolish, with my darling could not agree.” Questa la versione del 1979 di Andy Irvine, che conserva il sapore di un’antica semplicità.



Follia giovanile e morte dell’amata non possono che ricondurre all’ Ophelia di Hamlet (W. Shakespeare, 1602). Per tale ragione in testa ed in coda al post troviamo i dipinti di Arthur Hughes (1852) e di John E. Millais (1852), entrambi dal titolo Ophelia.

John_Everett_Millais_-_Ophelia_