Giorno feriale
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Li ritrovo al bar la mattina presto
nell’aroma di brioche e cappuccino
con la barba incolta, il volto duro,
ma se sorrido i loro occhi rispondono
e non mi negano mai un saluto.
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È in questo andare incontro alla fatica
che ritrovo il senso del buongiorno
lo sguardo d’intesa, la strizzata d’occhio,
l’orgoglio di guadagnarsi con il pane
un’onestà conquistata con sudore
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Mi piace accompagnarmi insieme a loro
con la prima sigaretta del giorno
condividerne il senso della sfida
il doversi portare avanti con la vita
coi figli ed il mutuo da pagare.
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Sono persone semplici, siamo tutti noi,
sempre in bilico, in questo mondo,
tra l’arroganza senza freni dei potenti
e la finanza dei massimi sistemi
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perché a volte basta un lontano capriccio
a Pechino, New York, Berlino o Tokio
per infrangere il sogno di una casa
il diritto a un posto di lavoro.
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Mi chiedi…
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Mi chiedi se ho paura
se provo la febbre alle ossa
arrancando sul versante più ripido
della tua montagna.
Tu non conosci i treni che presi
negli inverni di freddo e di neve,
del resto,
come potresti saperne qualcosa?
Non conosci le notti passate
a viaggiare senza mai posa
la sigaretta ed un biglietto timbrato
per una sola corsa.
Allora, forse, capiresti
che il mio ignoto
è dentro i confini di un amore
ed io, su quel traliccio spinato,
camminai con il cuore.
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Accoglienza
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Le mie radici hanno rami
e foglie di tiglio
il profumo dei fiori
vola oltre ogni muro
quando abbraccio la terra.
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Le mie radici
portano indosso le tinte
di un autunno infinito
e tengono in seno la luce
delle cose lontane
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sono colori di pace
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li troverai nei mie occhi
quando accolgono i tuoi.
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L’eco
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Non volevo più parlare
ripetere le solite cose
ma quei corpi…
quei corpi!!
Lì gonfi sulla battigia
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L’orrore dell’acqua
le grida chiuse
nell’unico rimbombo
come un’eco di dolore
sul mio petto.
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Saldi
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Sconvolge quest’aria greve
che avvolge il pianto muto
di chi ha perso tutto
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sosta come ragnatele di brina
sui prati dell’inverno
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Nella calca che ignora e preme
da tempo hanno già svenduto
la dignità dell’uomo.
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Sant’Anna di Stazzema
Dall’abside della chiesa
fino all’acquasantiera lacerata
camminai in mezzo a voi
povere anime.
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Sul tratturo tra gli alberi
non fermai più le lacrime
le lasciai tutte scorrere
nel silenzio inumano.
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Cercai i vostri sguardi
sulle foto all’ossario
e giammai così irato
maledissi l’Uomo.
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Tra le pieghe del cuore
non trovai più il perdono
ma un grido nel petto
implorava giustizia
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Un auspicio raccolsi
sulle lapidi spoglie
la giustizia d’Iddio
se non degli uomini
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ed allora pregai
con tutto me stesso
perché questo è il sigillo
del vostro volere
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questo è l’impegno
che mi avete chiesto
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