COSA SOGNAVO QUAND’ERO BAMBINO
Cosa sognavo quand’ero bambino?
Cavallucci di mare con pistole al galoppo
della frusta lo schiocco che i leoni domava
e la strada scorreva, mi chiamava per nome
se giocavo agli indiani sulle rocce nel sole…
Or che solo per gioco bambino lo sono
dondolo sul cavalluccio, sulla strada che schiocca
e mi chiaman Leone, ma di mare, e mi basta
mentre frusto le rocce al galoppo pian piano
le pistole detesto, perciò faccio l’indiano…
SOGNI CORROSI
Cicogne in contro tempo danno buca
alla speranza vana di un tuo bacio
increspi il naso, la gonna prende vento
spandi lo sguardo d’urgenza senza dove
dolce creatura chiusa per inverno
lotti con acquazzoni d’antefatto
con calzamaglie statiche d’azzurro
gorgheggia un contralto in contrappunto…
Bellezza mia di concia neolatina
allappi incomprensibili miei stenti
sospiro sul tuo collo zuccherato
l’incendio del mio amor senza ritegno
ma causa e effetto non producon sconto
dinoccolati stan sogni corrosi
che un nonsense di vuoti senza requie
non sbroglia i nodi di una vita illusa…
LA SFILATA
Sul grato “prato verde” Giacomo osservava
lenti sfilare come, quasi, nulla fosse
un traduttore d’algebra e un professore simultaneo
un prosciutto surrealista e un poeta di Parma
un medico a buon prezzo e un gigolò geriatra
un controllore d’operetta e un cantante di tram
un avvocato mestruale e un ciclo del diavolo
una puttana d’assalto e una truppa senza figli
un villaggio di tende e un installatore globale
una suora per signore e un coiffeur di clausura
una madonna incallita e un blasfemo immacolato
un collezionista de femmes e un tombeur di farfalle
due dita di minorenni e un seduttore di vino
un cacciatore di coca e uno spacciatore di volpi
un mendicante da torcere e un filo d’affetto
un reggiseno calabrese e un capomastro imbottito
un corriere con lo schiocco e un bacio della sera
una mosca sciroppata e una pesca tediosa
una strega al ragù e un tortellino al rogo
un giornalista responsabile e un padre leccaculo
un carabiniere suonato e un boxeur spaccaossa
una lampadina illusa e una vita bruciata…
POZZANGHERE
La notte ti ha lasciata al capolinea
stretta nel tuo soprabito da fuga
d’amaro in bocca che non ha avuto baci
in questa fredda, scompaginata estate
sgualcita sul sedile a viti lente
cerchi nel buio il fuoco che s’è spento
di pece densa inutili pozzanghere
bruciano cicatrici e noncuranza
sarà capace l’alba a dare pace
al tuo tormento che non ha fermata?
saprà il tuo letto leggerti la mano
e infine addormentarti dolcemente?
NON MI DISTURBA
Non mi disturba la voce che ciancia tediosa
luoghi comuni e fregnacce senza dubbi o incertezze
tono da Dio sceso in terra, neanche un po’ mi disturba…
E non provo fastidio per il fetore di corpi
flatulenti e indisposti a bagnoschiuma e saponi
neanche ciò m’importuna…
E nemmeno mi scoccia l’avere piantato
tra il costato e un polmone un gomito acuto
né il martello sfuggito di mano allo sciocco
per piombarmi sul piede dopo che sul ginocchio
le ricette non chieste, non mi danno la nausea
le oltremodo verbose indicazioni stradali
la TV che ci sbrana, i poeti prolissi
la musica stupida, il vostro vuoto abissale
no, non mi fanno star male…
Neanche un po’ poi mi turba se tracima il Po
il tuo sorriso da fata, il soffritto che brucia
lo sbarco su Marte, il blues e il jazz-rock
non mi smuove il lamento dei malati d’amore
non mi toccano fame, terremoti, naufragi,
bombe addosso ai bambini, ingiustizie e soprusi
né un governo di merde che la folla disperde
con manganelli al contrario del buon senso comune.
L’unica cosa che mi disturba, è che son qui sul divano
e nessun si sia accorto che son morto da anni…
TANGO
Prendiamoci così in questo tango
negli angoli strusciati a passo lento
perdiamoci di vista a tacco alto
con i polpacci avvinti, schiena tesa
ai bandoneon che sbuffano nel collo
fiato bollente che incendia la milonga
in vortici imprendibili sospiri
caschiamo giù per non tornar più indietro…
SCACCOFAGIA
Puoi fare ciò che vuoi senza teoremi
disporre d’ogni mossa incontrastata
non ti darò intralcio, oh mia Regina
monta a cavallo, calpestami le ossa
io non m’arrocco, desisto a braccia basse
aspettami sicura in “effe quattro”
non sono matto, ma lo sarò al più presto
stringiamo i tempi, divorami sul posto…
DISAPPUNTO
Nel brodo elicoidale in disappunto
stinge la poseidonia a pianta stretta
in fatue scie intinte di tempesta
traboccano lampare in controluce.
Colmo delle ripulse prendo tempo
ansimo d’ansia sulla corda appesa
al chiodo fisso, lì, piantato storto
ruzzola il tavolo, di ferro, nelle scale.
Crepita qui la brina in chiaro-scuro
sui tuoi nuovi capelli bui di bosco
gracida nel bar l’oca atterrita
dai neon sulla statale per l’inferno…
LA SFILATA DI RITORNO
Il “prato verde”, di già giallo, porta indietro
l’insolita paranza che agli occhi scaltri incede
mano nella mano, disinvolta leggerezza
avanzano, con passo sciolto alterno a danza
una donna di nessuno, una colpa silenziosa
un profanatore di poesia, un appassionato di tombe
un portiere platonico e un amore di riserva
un cannone condiviso e un dispiacere d’ordinanza
una scusa da perdere e niente per uscire
una talismano d’idoneità e un certificato porta fortuna
un pollo in silicone e un seno alla cacciatora
uno scacco a tradimento e un mangiapane al Re
un fucile bruciato e un soffritto a canne mozze
un madre spasmodica e una smania in pensiero
un pene senza senso e un dialogo circonciso
un innamorato di Norcia e un prosciutto tradito
una suora in minigonna e una fanciulla di clausura
un latte in sciopero e un metalmeccanico pastorizzato
un cavallo tutte curve e una bionda di ritorno
un’orgia riposante e una dormita senza freni
una cagna enigmistica e una settimana fedele
un marito d’avanspettacolo e un saltimbanco annoiato
un malato logorroico e un ubriaco di nostalgia
un sogno precoce e una primavera impossibile
un omosessuale temerario e un acrobata latente
un pugno ben cotto e un hamburger sul naso
una pesca pettegola e una portinaia sciroppata
un perditempo scaduto, un formaggio recidivo
un caffè di galline, un ladro corretto
un coito prolisso, un discorso interrotto…
IL NASCONDIGLIO DEL PANE
Da domandarsi non c’era
più di quel che bastava
necessario è partire
ora è giusto provarci
tentare l’ultimo passo.
La fame nera picchiava
con le unghie alla porta
il nascondiglio del pane
ora è vuoto da tempo
si sentiva ancor l’eco
dell’ultimo pezzo spezzato…
A NESSUN PREZZO
Osservami alla luce del lampione
senza illusioni di chissà quale affare
l’amore qui con me non ha effusioni
né inutili preamboli a perder tempo
s’arriva presto al dunque, tutto è concesso…
Il fragile equilibrio tra dare e avere
nel giusto prezzo ha il suo contrappunto
al brivido che attendi attento e ingordo
che il mio servizio speri sia all’altezza
di tutto l’amore di cui hai bisogno, ma
che a nessun prezzo io potrò mai darti…