M’illumino di Mensole – di Roberto Marzano

 

COSA SOGNAVO QUAND’ERO BAMBINO

 

Cosa sognavo quand’ero bambino?

Cavallucci di mare con pistole al galoppo

della frusta lo schiocco che i leoni domava

e la strada scorreva, mi chiamava per nome

se giocavo agli indiani sulle rocce nel sole…

 

Or che solo per gioco bambino lo sono

dondolo sul cavalluccio, sulla strada che schiocca

e mi chiaman Leone, ma di mare, e mi basta

mentre frusto le rocce al galoppo pian piano

le pistole detesto, perciò faccio l’indiano…

 

 

SOGNI CORROSI

 

Cicogne in contro tempo danno buca

alla speranza vana di un tuo bacio

increspi il naso, la gonna prende vento

spandi lo sguardo d’urgenza senza dove

 

dolce creatura chiusa per inverno

lotti con acquazzoni d’antefatto

con calzamaglie statiche d’azzurro

gorgheggia un contralto in contrappunto…

 

Bellezza mia di concia neolatina

allappi incomprensibili miei stenti

sospiro sul tuo collo zuccherato

l’incendio del mio amor senza ritegno

 

ma causa e effetto non producon sconto

dinoccolati stan sogni corrosi

che un nonsense di vuoti senza requie

non sbroglia i nodi di una vita illusa…

 

 

LA SFILATA

 

Sul grato “prato verde” Giacomo osservava

lenti sfilare come, quasi, nulla fosse

un traduttore d’algebra e un professore simultaneo

un prosciutto surrealista e un poeta di Parma

un medico a buon prezzo e un gigolò geriatra

un controllore d’operetta e un cantante di tram

un avvocato mestruale e un ciclo del diavolo

una puttana d’assalto e una truppa senza figli

un villaggio di tende e un installatore globale

una suora per signore e un coiffeur di clausura

una madonna  incallita e un blasfemo immacolato

un collezionista de femmes e un tombeur di farfalle

due dita di minorenni e un seduttore di vino

un cacciatore di coca e uno spacciatore di volpi

un mendicante da torcere e un filo d’affetto

un reggiseno calabrese e un capomastro imbottito

un corriere con lo schiocco e un bacio della sera

una mosca sciroppata e una pesca tediosa

una strega al ragù e un tortellino al rogo

un giornalista responsabile e un padre leccaculo

un carabiniere suonato e un boxeur spaccaossa

una lampadina illusa e una vita bruciata…

 

 

POZZANGHERE

 

La notte ti ha lasciata al capolinea

stretta nel tuo soprabito da fuga

d’amaro in bocca che non ha avuto baci

in questa fredda, scompaginata estate

sgualcita sul sedile a viti lente

cerchi nel buio il fuoco che s’è spento

di pece densa inutili pozzanghere

bruciano cicatrici e noncuranza

sarà capace l’alba a dare pace

al tuo tormento che non ha fermata?

saprà il tuo letto leggerti la mano

e infine addormentarti dolcemente?

 

 

NON MI DISTURBA

 

Non mi disturba la voce che ciancia tediosa

luoghi comuni e fregnacce senza dubbi o incertezze

tono da Dio sceso in terra, neanche un po’ mi disturba…

E non provo fastidio per il fetore di corpi

flatulenti e indisposti a bagnoschiuma e saponi

neanche ciò m’importuna…

 

E nemmeno mi scoccia l’avere piantato

tra il costato e un polmone un gomito acuto

né il martello sfuggito di mano allo  sciocco

per piombarmi sul piede dopo che sul ginocchio

le ricette non chieste, non mi danno la nausea

le oltremodo verbose indicazioni stradali

la TV che ci sbrana, i poeti  prolissi

la musica stupida, il vostro vuoto abissale

no, non mi fanno star male…

 

Neanche un po’ poi mi turba se tracima il Po

il tuo sorriso da fata, il soffritto che brucia

lo sbarco su Marte, il blues e il jazz-rock

non mi smuove il lamento dei malati d’amore

non mi toccano fame, terremoti, naufragi,

bombe addosso ai bambini, ingiustizie e soprusi

né un governo di merde che la folla disperde

con manganelli al contrario del buon senso comune.

 

L’unica cosa che mi disturba, è che son qui sul divano

e nessun si sia accorto che son morto da anni…

 

  

TANGO

 

Prendiamoci così in questo tango

negli angoli strusciati a passo lento

perdiamoci di vista a tacco alto

con i polpacci avvinti, schiena tesa

ai bandoneon che sbuffano nel collo

fiato bollente che incendia la milonga

in vortici imprendibili sospiri

caschiamo giù per non tornar più indietro…

 

 

SCACCOFAGIA

 

Puoi fare ciò che vuoi senza teoremi

disporre d’ogni mossa incontrastata

non ti darò intralcio, oh mia Regina

monta a cavallo, calpestami le ossa

io non m’arrocco, desisto a braccia basse

aspettami sicura in “effe quattro”

non sono matto, ma lo sarò al più presto

stringiamo i tempi, divorami sul posto…

 

 

DISAPPUNTO

 

Nel brodo elicoidale in disappunto

stinge la poseidonia a pianta stretta

in fatue scie intinte di tempesta

traboccano lampare in controluce.

 

Colmo delle ripulse prendo tempo

ansimo d’ansia sulla corda appesa

al chiodo fisso, lì, piantato storto

ruzzola il tavolo, di ferro, nelle scale.

 

Crepita qui la brina in chiaro-scuro

sui tuoi nuovi capelli bui di bosco

gracida nel bar l’oca atterrita

dai neon sulla statale per l’inferno…

 

 

LA SFILATA DI RITORNO

 

Il “prato verde”, di già giallo, porta indietro

l’insolita paranza che agli occhi scaltri incede

mano nella mano, disinvolta leggerezza

avanzano, con passo sciolto alterno a danza

una donna di nessuno, una colpa silenziosa

un profanatore di poesia, un appassionato di tombe

un portiere platonico e un amore di riserva

un cannone condiviso e un dispiacere d’ordinanza

una scusa da perdere e niente per uscire

una talismano d’idoneità e un certificato porta fortuna

un pollo in silicone e un seno alla cacciatora

uno scacco a tradimento e un mangiapane al Re

un fucile bruciato e un soffritto a canne mozze

un madre spasmodica e una smania  in pensiero

un pene senza senso e un dialogo circonciso

un innamorato di Norcia e un prosciutto tradito

una suora in minigonna e una fanciulla di clausura

un latte in sciopero e un metalmeccanico pastorizzato

un cavallo tutte curve e una bionda di ritorno

un’orgia riposante e una dormita senza freni

una cagna enigmistica e una settimana fedele

un marito d’avanspettacolo e un saltimbanco annoiato

un malato logorroico e un ubriaco di nostalgia

un sogno precoce e una primavera impossibile

un omosessuale temerario e un acrobata latente

un pugno ben cotto e un hamburger sul naso

una pesca pettegola e una portinaia sciroppata

un perditempo scaduto, un formaggio recidivo

un caffè di galline, un ladro corretto

un coito prolisso, un discorso interrotto…

 

 

 

IL NASCONDIGLIO DEL PANE

 

Da domandarsi non c’era

più di quel che bastava

necessario è partire

ora è giusto provarci

tentare l’ultimo passo.

 

La fame nera picchiava

con le unghie alla porta

il nascondiglio del pane

ora è vuoto da tempo

si sentiva ancor l’eco

dell’ultimo pezzo spezzato…

 

 

 

A NESSUN PREZZO

 

Osservami alla luce del lampione

senza illusioni di chissà quale affare

l’amore qui con me non ha effusioni

né inutili preamboli a perder tempo

s’arriva presto al dunque, tutto  è concesso…

 

Il fragile equilibrio tra dare e avere

nel giusto prezzo ha il suo contrappunto

al brivido che attendi attento e ingordo

che il mio servizio speri sia all’altezza

di tutto l’amore di cui hai bisogno, ma

che a nessun prezzo io potrò mai darti…