Sergio Fava scrive nell’introduzione:
“Eravamo ormai rassegnati a congedare la Poesia del Novecento italiano nella sua stucchevole produzione da mediocrità occhialuta, nel suo quieto nullismo animato da un ripetuto, ossessivo spirito gregario omologante, ed ecco, proprio sulla soglia di questo “secolo di mani” – per dirla alla Rimbaud – che, inattesa, giunge a sorprenderci ed a soccorrerci nel nostro sonnolento borbottio più o meno erudito, questa Opera di altissima macelleria (màgeiros era il metricista greco), cometa ardente priva d’origine e tradizione che, tramontando, restituisce finalmente bianco il foglio pre-scritto della letteratura lirica contemporanea, goffo tentativo peraltro di per sé sbiadito e di cui forse già il “desolato andar per valli” campaniano ha fatto giustizia […]